Uomini e donne: che tipo di leader?

Nello studio delle differenze di genere quest’ultimo viene definito dai comportamenti e dalle attività che la società distingue in femminili e maschili.

Si tratta quindi di un concetto sicuramente più esteso che descrive l’individuo rispetto al sesso: deriva infatti dall’unione di sesso, concetto squisitamente biologico, comportamento sociale e psicologico di una persona, concetti appunto psicosociali, e influenze etniche, religiose, sociali, educative, principi, che definiamo di matrice socioculturale. In estrena sintesi, mentre il sesso è determinato dalla natura, il genere si forma con la cultura, a prescindere dal dato biologico.

Questa semplice riflessione, pionieristicamente sviluppata in ambito medico ha poi prodotto un terremoto di spunti, studi e rivoluzioni culturali. Basti pensare ai movimenti femministi degli anni ’70, agli abbastanza recenti sviluppi della medicina di genere, ma anche a manifestazioni più mondane come la moda e la cura estetica di sé: “gli uomini sono la mia fortuna” – mi diceva un’amica estetista professionale che ha visto lievitare negli anni la sua clientela maschile. Infine, ma non meno importante, l’accesso (seppur ancora insoddisfacente) delle donne a incarichi di potere, precedentemente appannaggio di soli uomini. Su quest’ultimo punto è interessante analizzare gli stili di leadership e come essi si differenzino fra genere maschile e femminile.

Possiamo distinguere tre “stili” di leadership all’interno di un gruppo:

autoritario: in questo caso il leader è l’unico ad avere l’autorità di dare ordini agli altri componenti del gruppo. Egli darà poca importanza alle relazioni interpersonali, concentrandosi più sul raggiungimento degli obiettivi e impostando una struttura a piramide in cui può avere maggior controllo della situazione. Gli aspetti negativi che può trasmettere questo tipo di leader sono di tipo relazionale e di condivisione: gli altri componenti del gruppo sono poco stimolati ad aprirsi e non esiste quindi uno scambio di sapere, oltre ad essere maggiori i rischi di conflittualità;

lassista: Questo tipo prediligerà le relazioni interpersonali, distribuendo il ruolo di leader tra gli altri componenti e dando poca importanza al raggiungimento dei propri compiti. Gli aspetti positivi e negativi vengono da sé: ci sarà uno scarso apprendimento e una scarsa relazione leader-gruppo, ma le relazioni interpersonali emotivo-affettive saranno privilegiate;

democratico: “in media stat virtus”, è sia dal punto di vista produttivo che relazionale, migliore rispetto ai precedenti. L’importanza è distribuita tra l’apprendimento e le relazioni interpersonali, senza trascurare né l’uno né le altre. La leadership viene in questo caso condivisa, ogni tanto, con gli altri componenti del gruppo. Attraverso una leadership democratica si ottengono solo risultati positivi, con una discreta acquisizione dei contenuti e buone relazioni sia tra pari che con il leader. Il suo tallone d’Achille? È dannatamente difficile da impersonare!

Fatta la distinzione tra i tre, la domanda che viene da porsi è su quale modalità di leadership si orientino di più le donne e su quale invece gli uomini. Le donne sembrano preferire lo stile democratico, più flessibile e generalmente più efficiente. Dagli studi negli anni novanta della University of Southern California, è emerso che il cervello maschile e femminile funziona in modo diverso in condizioni di stress in termini di diversa attivazione dei distretti coinvolti nella percezione delle emozioni altrui: nelle donne lo stress aumentava le capacità empatiche, al contrario degli uomini. Le donne di solito tendono ad essere più interattive con gli altri componenti del gruppo, più disponibili all’ascolto e alla condivisione di contenuti. Gli uomini invece preferiscono attivarsi per cercare subito le soluzioni al problema. Infatti di fronte alla risoluzione di una stessa difficoltà, per esempio di fronte ad un labirinto, nelle femmine si attivano zone di corteccia parietale e prefrontale destra, zona connessa al linguaggio e alle emozioni, mentre i maschi utilizzano maggiormente l’ippocampo sinistro, che si riferisce a comportamenti improntati all’azione visuo-spaziale. Inoltre nelle donne è maggiore l’attività interemisferica, ovvero una comunicazione maggiore fra i due emisferi con scambio interno di dati, mentre negli uomini prevale un’ attività lateralizzata, meno condivisa ma più intensiva all’interno di ciascun emisfero. La traduzione in termini di cognizione e comportamento vede quindi le donne maggiormente propense a muoversi su un quadro d’insieme che tenga conto delle varie parti del contesto, mentre gli uomini principalmente focalizzati sul raggiungimento dell’obiettivo a detrimento dell’aspetto, soprattutto emotivo, affettivo e relazionale, della situazione contestuale.

La differenza di genere è un argomento di discussione ancora aperto e molto recente, per cui largamente dibattuto. Si può affermare che esistono nette differenze anatomiche e funzionali nel cervello femminile rispetto a quello maschile; esse sono determinate dal diverso assetto ormonale e sono evolutivamente orientate per cui appare sempre più opportuno abbandonare valutazioni sommarie e fideistiche di presunte superiorità di un genere sull’altro per lavorare sulla complementarietà delle funzioni. A questo proposito, in ambito socio-lavorativo, sarebbe di fondamentale importanza favorire, o almeno non ostacolare, l’ascesa verticale femminile in posizioni di leader, sia perché eticamente auspicabile sia perché l’assortimento di genere a livelli apicali e dirigenziali rende gestalticamente più della somma dei suoi singoli elementi sul piano dell’efficacia e dell’efficienza.

BIBLIOGRAFIA

– Giacci, L.. “Medicina di Genere”. (2013) http://www.info.asl2abruzzo.it/files/140922_formazione-mmg_medicina-di-genere_neurologia.pdf

– Rivò, G. “La leadership femminile”. Università di Pisa, Dipartimento di Scienze Sociali, Psicologia Sociale II

– Wizemann T.M., Pardue M.L. “exploring the biological contributions to human health: does sex matter?” Washington, DC: The National Academies Press; 2001.

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